destionegiorno
Difficile parlare di me, dirvi chi sono con poche parole. Franca in fondo è solo una semplice sognatrice, per la quale la poesia è passione, voglia di raccontare emozioni, gioie, dolori, ma anche cura dell’anima. Per questo lascio aperta la porta del cuore, lasciando che a parlare sia proprio lui, ... (continua)
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Che strano amore è questo amore
fatto di niente, d'alito di vento
speso tra sussurri e pianto.
E' velina... leggi...
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Il sangue dei papaveri nei campi,
le spighe gravide, assetate e fiacche,
le prime gocce sulle zolle dure
e un lampo che s’infiamma all’orizzonte.
Lacrime calde, lacrime d’estate,
calde e improvvise, inquiete e turbolente,
frantumano il silenzio... leggi...
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Non ti scordar di me
Non ti scordar di me
quando il tempo avrà chiuso il cerchio,
e sarò un’ombra fuori dalla scena.
Ricordami allora dolce e serena
come l’aria quieta della sera,
rifugio alle onde inquiete.
Ripensami, lago... leggi...
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Com'è dolce la sera
se mi prendi la mano,
guardando lontano,
mentre intorno s'annera,
seduti sul chiostro
d'un... leggi...
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Se nel silenzio della tua mente
per me
ancora un posto avessi,
se coi tuoi occhi tristi
veder potessi
il dolore... leggi...
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E’ già il tramonto
che incendia gli occhi
e m’innamora.
Si stagliano timide le ombre
sull’indaco, sul viola,
e nell’ultimo sole
stanno desideri appesi,
quelli che sai, ma fingi
di non aver pensato mai.
Il tramonto è l’ora della resa
quando vorresti... leggi...
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Un giorno
uno dei tanti
lontana dal mondo
t'ascolterò
o silenzio,
Tu,
che non chiedi
ma concedi,
tu
che nei colori sfumati
di notti piene d'ombre
mi parli
e mi racconti
della mia anima sola
in cerca d'approdo,
di attese senza... leggi...
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T'aspetterò
mentre mi lascerò vivere,
nello scorrere di stagioni,
perso lo sguardo,
vano cercando l'orizzonte
che non avrà alba
né tramonto
senza i tuoi occhi.
Immobili silenzi
riporteranno la tua voce,
e sarai... leggi...
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Salirò l’arcobaleno
curvando la strada
che porta all’infinito.
Come abito smesso
svestirò il passato
e splendidi... leggi...
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Franca Canfora
Papà, com’è che ciài un cappotto novo?
Nun è la festa tua.
Te stamo tutti quanti appiccicati
come che stanno l’api ar favo loro.
Te guardamo co l’occhi allacrimati.
E’ forze er sole che li sta a fà piagne?
Vedemo er celo nero.
Sò l’emozzioni? Ma che ne so.
Po esse che so’ troppo regazzina?
Nun ciò capito gnente.
Che je faranno? E’ un cappotto novo?
Tre ommini inchinati
sistemeno benino ‘na corvatta.
Ner bavero c’è puro un fiore rosso.
Come so belli la giacca e li carzoni.
Me pari un re!
Te guardo e vedo l’urtimo soriso.
M’aspetto che me dichi:
“Cori da me. Viè qua fijetta bella
così s’abbraccicamo core a core!”
Papà, perché nun parli?
Stai zitto e muto
e nun me stai a guardà.
Papà li voi l’occhiali?
"Nun so si serviranno
ner monno indove va nun serve legge!"
Me dice mamma:
“nun cià più compagnia.
Stavorta starà solo
senza scammià parole.
Però, penza che bello,
indò nun c’è rumore
e nun ce stanno guerre
ma ce sta solo amore!”.
Come potrebbe mai giustificà
d’avé incassato ‘sto dolore grosso?
A la sicura nun è corpa mia
si lascio mamma a piagne
co lo stommico pieno de tormento.
So’ piccola, nun ciò capito gnente.
Quante vorte io chiederò er perché
e nun potrò trovà la soluzzione?
Su la faccia te stanno a mette un tulle
e un rosario legato su le mano.
Te guardo: l’ho capito!
Stai longo e nun me parli.
E ciò drento un dolore che me strazzia.
Sei morto papà mio!
Me tocca ditte: “Addio!”
Stavorta ciài un cappotto ch’è de legno
pe conzervatte pe l’eternità.
Te porto ar camposanto
e scappo via. |
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